ABSTRACT
A partire dal celebre saggio di Samuel Beckett, Dante… Bruno. Vico.. Joyce, pubblicato nel volume collettaneo del 1929, Our Exagmination round his Factification for Incamination of Work in Progress, il tema dell’influenza di Vico sull’opera di Joyce è diventato una sorta di luogo comune tra gli studiosi dello scrittore irlandese. La prima parte del saggio si sforza di ricostruire le posizioni più significative della critica joyciana su questo tema, mostrando invece come gli specialisti del pensiero di Vico dichiarino molto più prudenti, quando non apertamente scettici, al riguardo. Del resto, come risulta dalla seconda parte, è stato lo stesso Joyce a disseminare i propri scritti, e in particolare Finnegans Wake, di riferimenti e giochi di parole ispirati all’autore della Scienza Nuova e al suo capolavoro. E in effetti, come mostrato nella terza parte, sono numerose le tracce che il Vico storico, o meglio quello diffuso nella cultura del tempo di Joyce attraverso numerose e mai neutrali mediazioni (Michelet, Quinet, Coleridge), avrebbe potuto ritrovare nelle pagine dell’ultimo romanzo joyciano. Sotto questo profilo, come si propone nella quarta parte, Finnegans Wake può essere letto in chiave di vichiana ‘teologia poetica’ e il suo autore può a buon diritto aspirare al titolo di ‘Omero d’Irlanda’.
Vico’s influence on the works of James Joyce became somewhat a commonplace as early as in 1929, with Samuel Beckett’s Dante… Bruno. Vico.. Joyce published in the miscellaneous Our Exagmination round his Factification for Incamination of Work in Progress. The first part of our essay aims at recalling the main positions of Joycean scholars on such theme, whilst most experts on Vico showed, if not skepticism, much more caution in dealing with it. Yet, as the second part of this essay demonstrates, Joyce himself was particularly pleased in spreading references and calembours inspired by Vico’s life and work through his own writings: this of course is particularly true when referred to Finnegans Wake. The third part therefore aims at chasing which traces of himself Vico – or rather, Vico’s image in Joyce’s times through the mediation of Michelet, Quinet, Coleridge – would have found in Finnegans Wake. From this point of view, Finnegans Wake can be read as a work of vichean ‘poetical theology’ and Joyce, as the fourth part of this essay states, is not unlikely to be deemed as ‘true Homer’ of Ireland.
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