III. Soggettività e decostruzione
Elvira Bonfanti, La vita educa. Anche troppo. Riflessioni in forma di commiato, sulla strada della fluidità
Gabriella Bosco, Madame Bovary ce n’est pas moi
Massimo Canevacci, L’etnografia tra didattica e ricerca
Marco Dallari, La definizione della soggettività dall’estetica di Alexander Gottlieb Baumgarten alla competenza emozionale di Daniel Goleman
Gianluca Giachery, Il soggetto vivente. Castoriadis e la rivoluzione dell’autonomia
Massimiliano Tarozzi, Pedagogia embodied e soggettività incarnata
Elvira Bonfanti, La vita educa. Anche troppo. Riflessioni in forma di commiato, sulla strada della fluidità
A partire da un’esperienza vissuta, riflessioni sulla scoperta tardiva, grazie all’arte marziale interna del Tai Chi Chuan, di possibili dialoghi tra occidente e oriente, tra teoria e pratica, tra corpo e spirito, nel tentativo di intraprendere esplorazioni di nuove strade verso possibili accessi all’impensato. Un tra che si manifesta come luogo/non luogo di apertura a differenti e molteplici possibilità e che sarebbe interessante sviluppare anche in ambito pedagogico nell’orizzonte di una Bildung, pensata come teoria della cultura nel tempo della crisi della cultura, sulla scorta di quell’idea di moralità intesa come autentico impegno alla trasformazione di sé e del mondo che, da sempre, è una delle cifre della riflessione di Erbetta.
Gabriella Bosco, Madame Bovary ce n’est pas moi
La contribution veut réfléchir sur l’hypothèse de mise en question de la notion d’identité de la part de Gustave Flaubert à partir d’une séries de considérations concernant le statut du sujet narratif dans son roman Madame Bovary. Le titre fait allusion à la célèbre phrase “Madame Bovary c’est moi” attribuée à l’auteur et qu’il n’aurait par contre jamais prononcé ni écrit, phrase généralement utilisée pour accréditer l’idée du romancier réaliste se cachant derrière son personnage. Une lecture différente du chef d’oeuvre de Flaubert voudrait démontrer l’importance de l’écriture à la première personne dans le roman en tant que signe d’une déconstruction ante litteram de la notion d’identité plutôt que de son affirmation. C’est à la lumière des théories des nouveaux romanciers et d’Alain Robbe-Grillet notamment que cette proposition est formulée, faisant appel à l’image séduisante du chapeau de Charles Bovary qui figure aux premières pages du roman comme du premier objet romanesque anticipant d’un siècle la révolution narrative phénoménologique opérée par l’école du regard.
Massimo Canevacci, L’etnografia tra didattica e ricerca
Il saggio sviluppa l’ipotesi di una direttività-non-direttiva basata sul nesso ricerca/didattica. La composizione sviluppa le esperienze etnografiche nella cultura Bororo (Mato Grosso, Brasile) e l’insegnamento svolto all’università di Roma. Concetto chiave è l’auto-rappresentazione praticata attraverso le tecnologie digitali tra aldeias e metropoli, la cui sfida muta radicalmente le relazioni tra ricerca empirica e pratiche didattiche.
Marco Dallari, La definizione della soggettività dall’estetica di Alexander Gottlieb Baumgarten alla competenza emozionale di Daniel Goleman
Senza procedimenti e riferimenti logici non si costruiscono conoscenze degne di questo nome, ma quando si fonda solamente su questi la conoscenza diviene dottrina e, in ambito scolastico, materia. Nel 1735 Alexander Gottlieb Baumgarten crea una gnoseologia fondata sulla dimensione sensibile: l’Aesthetica. Oggi si riscopre la necessità di costruire, in ambito educativo, la “competenza emozionale” che, dell’Estetica nella sua accezione autentica e originaria, è di fatto equivalente. Per chi vuole affrontare, da pedagogista, educatore o insegnante, questo tema, è necessario riscoprire la storia e l’essenza di questa disciplina. Antonio Erbetta, nella sua ricerca e nella sua scrittura, ha esemplarmente affiancato al patrimonio di conoscenza e alla capacità di analisi e riflessione che lo caratterizzava il gusto per la provocazione emozionale e l’instancabile esplorazione dell’interiorità: la sua rigorosa impostazione fenomenologico-relazionista è sempre stata accompagnata dall’esame “estetico” delle fonti e il logos filosofico ha sempre dialogato con le risorse artistiche, poetiche e letterarie.
Gianluca Giachery, Il soggetto vivente. Castoriadis e la rivoluzione dell’autonomia
Pur essendo figura intellettuale di profonda capacità speculativa (filosofo, economista e psicoanalista), Cornelius Castoriadis (un vero e proprio “titano dello spirito”, come lo aveva definito Edgar Morin) è spesso tenuto ai margini dell’attuale dibattito filosofico e culturale. In Francia e nei paesi di lingua ispanica, il suo pensiero è ancora fonte di ampie discussioni e rielaborazioni. In Italia, invece, Castoriadis continua a permanere nell’ombra, quasi fosse un vero e proprio rimosso culturale. Tuttavia, a discapito di ciò, la sua opera, fecondissima, ha toccato (in particolare con L’istituzione immaginaria della società e Gli incroci del labirinto) tematiche scomode, che riguardano la costituzione storico-ontologica delle soggettività e la radicale possibilità trasformativa del soggetto, attraverso la tematica – centrale per chiunque si occupi di educazione – dell’autonomia. Il soggetto emerge e costruisce se stesso dal “magma” della formazione sociale: questa riflessione, per Castoriadis, va in direzione della possibilità autoregolativa e autonormativa della progettualità individuale e collettiva.
Massimiliano Tarozzi, Pedagogia embodied e soggettività incarnata
La corporeità come luogo elettivo di formazione ha sempre costituito un tratto inconfondibile della pedagogia di Antonio Erbetta. Per lui si tratta soprattutto di un corpo malato, come cifra simbolica del nostro essere nel mondo, che attraverso il dolore diventa luogo formativo in quanto rivelatore della nostra esistenza inautentica. Questo valore esistenziale del corpo e la sua potenza formativa nel quadro di una rigogliosa filosofia della vita, richiede di pensarlo non nella forma rassicurante, distaccata e medicalizzata predominante nella tradizione occidentale, ma come corpo-vissuto, corpo-proprio, Lieb. In questo senso la riflessione di Erbetta si inserisce in pieno in una tradizione fenomenologica che raggiuge in Merleau-Ponty la sua forma più compiuta, e che recentemente ha trovato nella prospettiva dell’Embodied theory un’attualissima e raffinata formalizzazione teorica le cui implicazioni pedagogiche sono ancora da sviluppare. Ma la nozione chiave di corpo-vissuto, ed è questo il centro di questo contributo, è rintracciabile anche prima, sin dalle origini del pensiero fenomenologico. Sin dalle lezioni del 1907 su La cosa e lo spazio e soprattutto in Idee II, Husserl propone la distinzione fra corpo-oggetto (Körper) e corpo-proprio o corpo vivo (Leib). Una distinzione fondamentale che sta alla base della tradizione fenomenologica successiva e che rappresenta il presupposto stesso dell’embodied theory, di cui si evidenzieranno le premesse fenomenologiche e si vedranno alcune implicazioni educative sul piano della percezione sensoriale (estetica, per Husserl) e su quello dell’esperienza vissuta.
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