ABSTRACT
In line with the sustained critical interest in early nineteenth-century discourses of consumption, my article explores the literary fallout of the gastronomic fad, focusing on the representation of food and wine consumption and connoisseurship in Edward Bulwer’s Pelham (1828). Starting from the novel’s biographical and cultural contexts, I survey the dandy gourmand’s special brand of wit, his voluptuous imaginary and the aggressively normative element in gastronomic literature, eventually to tackle the narrative role of Lord Guloseton, as Pelham’s epicurean double. In so doing I underscore the contradictory injunctions (to excess and restraint) that crisscross gastronomic literature, as well as the affinity between the gastronome and the dandy.
Negli ultimi tre decenni le produzioni discorsive primo-ottocentesche relative al consumo sono state spesso al centro dell’interesse dei critici e degli storici. Sulla scia di questi studi, il presente articolo esplora le ricadute letterarie della moda gastronomica, focalizzando l’attenzione sulla rappresentazione del consumo di cibi e bevande, e della relativa expertise, in Pelham (1828) di Edward Bulwer. A partire dal contesto biografico e culturale del romanzo, si prendono in esame l’arguzia del dandy-gourmand, il suo immaginario voluttuoso, l’elemento aggressivamente normativo presente nella letteratura gastronomica di quegli anni, e la funzione narrativa del personaggio di Lord Guloseton, il doppio epicureo del protagonista. Quel che emerge è la presenza, nella letteratura gastronomica così come nel romanzo di Bulwer, di ingiunzioni contraddittorie – celebrazione dell’eccesso da una parte, e moderazione dall’altra – e con esse l’affinità tra il gastronomo e il dandy.
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