Il secondo romanzo di Claudio Minola propone una storia che sembra divisa in due parti: un primo svolgersi della trama, segnato da un ritmo più meditativo e quasi introspettivo, la cadenza di una vita tranquilla a contatto con la natura e con un gruppo di persone semplici e sincere.
Poi, nella seconda parte, il personaggio si rivela, scopre la sua vera identità e, pur non perdendo la sua schiettezza, acquista una dimensione più vera, più ricca. Anche questa seconda prova narrativa ci rivela uno scrittore valido, capace di dare forza ai sentimenti dei personaggi, di farli muovere sulla scena.
“I suoni, disperdendosi nella grande sala ricordarono a Carolina un mandorlo in fiore scovato in un anfratto di montagna e maltrattato dal vento di tramontana.
L’albero, dapprima rassegnato a perdere tutti i suoi fiori bianchi, si rese conto che era in grado di resistere all’azione devastante, neppure un fiore era andato perso. Emanava una forza che riuscì a fiaccare l’ostilità del vento che diventò meno impetuoso. Ma era solo uno stratagemma, una breve finzione per ritrovare energie e sorprendere il mandorlo che tuttavia risultò invincibile.
La tramontana cessò all’improvviso e la musica tornò lenta, dolcissima, note a braccetto, note che si superavano in velocità, note basse che sembravano provenire dagli anfratti più profondi della storia di un essere umano”.
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