Se le caratteristiche umane siano più il frutto della natura (genetica ed ereditarietà) o dell’educazione (cultura ed ambiente) è un annoso dibattito. La quasi totalità dei tratti umani è controllata dai geni che il più delle volte sono influenzati nella loro espressione da condizioni ambientali. Sino ad anni recenti è stato difficile distinguere il contributo della genetica da quello dell’ambiente. Ma l’avanzamento delle conoscenze delle scienze della vita, dalla genetica delle popolazioni alla biologia molecolare per la composizione dei genomi, in particolare il completamento della sequenza del genoma umano, ha permesso di sviluppare metodi di ricerca innovativi per dipanare questa intricata matassa.
La biologia dello sviluppo ha confermato come la costituzione biologica di un individuo sia frutto della interazione tra geni e ambiente fornendo gli strumenti metodologici utili a chiarire il rispettivo contributo al di là di ogni semplificazione riduzionista. Poiché la costituzione genetica ci viene data in sorte, il nuovo scenario di conoscenze sottolinea quanto siano rilevanti le politiche ambientali per uno sviluppo armonico degli individui. Si potrà, e si dovrà intervenire sull’ambiente, là dove esso inneschi lo sviluppo di malattie in chi è suscettibile geneticamente, in nome di una ridefinizione del concetto di cittadinanza. Il mondo del diritto dovrà creare sinergie che mettano a frutto gli avanzamenti delle scienze della vita, guardando oltre il DNA a partire però dal DNA.
Testi di Mario Biagioli, Andrea Borini, Francesco Cavalli Sforza, Luca Cavalli Sforza, Paola Emilia Cicerone, Stefania Consigliere, Paola Di Simone, Michele Grandolfo, Pietro Grasso, Giuseppe Novelli, Telmo Pievani, Giuseppe Pignatone, Marzia Sabella, Vittorio A. Sironi, Giuseppe Testa, Fabio Turone, Paolo Valdemarin e altri.
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